Il diario di Zenda

Il Diario di Zenda è un romanzo che tocca un tema molto caro all’adolescenza: la musica. Ma anche uno molto scomodo e da sconfiggere che è il bullismo nelle scuole. Nell’amara attualità della cronaca del femminicidio, i veri protagonisti del romanzo sono la psicologia dei ragazzi e il disagio giovanile.

“In un giardino nei pressi della scuola che frequenta, Eugenie trova il cadavere della sua amica Zenda, addetta alle pulizie della biblioteca. Nei giorni successivi i compagni di Eugenie iniziano ad alimentare sospetti e avanzare supposizioni in merito al tragico evento. Il clima di tensione e mistero che aleggia all’interno della scuola sembra provare il livello di sopportazione della ragazza, mentre ci si chiede se si riuscirà a dare risposte alle incognite subentrate.”

Qui di seguito un estratto dal romanzo:

Mangiare fuori casa era conveniente: non comportava il rischio di litigare con i propri genitori. Era però svantaggioso quando il denaro iniziava a scarseggiare. Eugenie non riceveva una gran bella paga settimanale. In effetti, invidiava chi, tra i suoi coetanei, già lavorava e si poteva permettere un po’ d’indipendenza. Eugenie invece non lavorava la sera né il fine settimana. Volendo, avrebbe potuto farlo, ma sapeva che non sarebbe durata molto. Le giornate vuote a scuola la portavano a una sorta di apatia e il sentirsi costretta per sei ore al giorno a sedere in aula ascoltando degli insegnanti pseudo-predicatori la deprimeva a tal punto che non aveva nessuna voglia di sbattersi per riuscire a ricavare qualche spicciolo che l’avrebbe aiutata se non altro a comprarsi le stramaledette sigarette che aveva iniziato a fumare a undici anni, o a prendere, qualche volta, un bicchiere di Cocacola al bar della stazione. Invece…

Saliva nell’autobus stracolmo di gente, sedeva accanto ad altri studenti, aveva i voti scolastici più o meno nella media, ma non si sentiva parte di niente. Perché dal proprio banco, in classe, vedeva a volte i compagni girarsi sorridendo con un’aria a metà tra il divertito e il sorpreso? Perché, quando i docenti la interpellavano, cercavano di accentuare la pronuncia del suo nome come se volessero richiamarla all’ordine avendola notata distratta e fuori dallo standard di ascolto passivo stile zombie proprio del resto della classe?

Non è che forse modificavano il tono della loro voce come per dire Ora sentiamo cos’ha da dire la ragazza in nero, quella coi due orecchini sul naso, quella che non parla mai (chissà cosa pensa), quella che per poco stamattina non si dimenticava di dover venire a scuola e andava al centro sociale, quella coi capelli mezzi tinti, quella che è convinta che la vita fa schifo, quella che pensa solo al suicidio e/o che, magari, lo ha già tentato…?

Non che gliene fregasse qualcosa, di ciò che pensavano gli altri di lei, però, ogni tanto, a Eugenie capitava di chiedersi se, in fondo, erano gli altri o lei a non andare bene, a non funzionare.